Unit 0: Introduzione al corso
Unit 1 - Conversazione con Mango
Biografia 1/5
Pino Mango (Giuseppe Mango), nasce il 6 novembre 1954 a Lagonegro, cittadina della provincia di Potenza. Fin da piccolo il suo feeling con la musica risulta essere molto intenso e pieno di complicità, manifestando un'innata passione. A sette anni già suona con gruppi locali, a tredici si accosta a generi tutt'altro che melodici, infatti mastica dal rock duro al blues, cresce ascoltando Led Zeppelin, Deep Purple, Robert Plant, Aretha Franklin, Peter Gabriel, influenzando così la propria impostazione canora. Parallelamente alla passione per la musica intraprende gli studi di Sociologia presso l'Università di Salerno e, quando sente l'esigenza di servire la sua vocalità, inizia a scrivere. Dimostra grande capacità realizzativa nello sviluppare linee melodiche che esaltano il cantato, il quale viene concepito come un vero e proprio strumento.
Biografia 2/5
La prima incisione in assoluto è il brano: "Indiscutibilmente mia" che dopo il lancio promozionale prenderà il nome di "Su questa terra solo mia", inserita nell'album di esordio pubblicato nel 1976 "La mia ragazza è un gran caldo", con la RCA, dove cura la parte musicale delle sue canzoni, caratteristica rigorosamente rispettata fino ad oggi. L'anno seguente, supportato dalla prestigiosa casa discografica Numero 1 - quella del periodo d'oro di Battisti - lancia il 45 giri "Fili d'aria / Quasi Amore", ormai considerato un vero e proprio pezzo da collezione in quanto ha la particolarità di contenere due brani mai pubblicati in nessun album. Trascorre un altro anno e viene inciso un nuovo 45: "Una Danza / Non Aspettarmi". A tre anni dall'album di esordio, coadiuvato sempre dal fratello Armando, si propone artisticamente con l'aggiunta del nome, Pino Mango; è il 1979, con una copertina molto particolare, incide il suo secondo lavoro discografico: "Arlecchino", accompagnato dal singolo "Angela Ormai". Ancora un triennio di attesa e pubblica il suo terzo album “E' Pericoloso sporgersi" data 1982, promuovendo anche l'omonimo singolo, stavolta a tenerlo a battesimo è la Fonit Cetra.
Biografia 3/5
Nel 1984 Mango presenta un provino che rimane però a lungo impantanato sulle scrivanie della Fonit. La vera svolta avviene quando Mango incontra Mogol e nasce una collaborazione sempre più stretta che porta alla nascita di “Oro”, una delle canzoni più conosciute e amate di Mango. Nel 1985 ad ospitare Mango è il palcoscenico sanremese. Debutta al Festival con “Il Viaggio”, aggiudicandosi subito il premio della critica, e pubblicato il 45 giri, realizza l'album “Australia”. Il 1987 nasce una canzone che passerà alla storia: “Bella d'estate”, scritta con Lucio Dalla. Con questo brano ottiene grosse soddisfazioni che non tardano ad arrivare neanche dall'estero, album stampato in tutta Europa, in primis in Germania, ma spopola letteralmente in Spagna dove si colloca ai vertici delle classifiche e ben presto viene pubblicato l'album in lingua spagnola prendendo il nome di “Ahora”.
Nel 1999 un nuovo cambio di casa discografica, stavolta è il turno della WEA. Viene pubblicato così il primo The best ufficiale della discografia, il titolo dell'album è “Visto così”, contenente 2 inediti composti con l'ormai collaudato fratello Armando e nuovamente con Pasquale Panella.
Biografia 4/5
“Amore per te” fa da spartiacque, ma al seguito vi sono alcune rivisitazioni di brani divenuti dei veri e propri evergreen. Viene inoltre incisa per la prima volta da Mango “Io Nascerò”, canzone donata a Loretta Goggi nel 1986. Lo stesso Mango definisce quest'album come un punto di arrivo, un voler tirare le somme e fare il punto della situazione. Interamente composto da Mango, nel 2004 viene pubblicato "Ti porto in Africa" che è la naturale evoluzione del suo percorso musicale. Il 2004 però è anche l'anno del debutto di Pino Mango come poeta, si presenta infatti al grande pubblico in una nuova ed elegante veste. Viene pubblicato il suo primo libro di poesie "Nel malamente mondo non ti trovo", 54 poesie che riassumono tutta la raffinatezza e la profondità del Mango poeta.
Biografia 5/5
Nel 2008 viene pubblicato “Acchiappanuvole”: un album che caratterizza il talento di Mango, la sua voglia di sperimentazione, la sua vocalità creativa, il tutto in equilibrio ad “acchiappare” la fantasia. All’inizio del 2014, gli Zois, una band bolognese d’avanguardia, realizza una cover di “Oro” che entusiasma Mango, tanto da convincerlo, non solo a partecipare alla registrazione in studio con un prezioso cameo interpretativo, ma anche ad apparire nel loro videoclip. La pubblicazione di questo lavoro avverrà nel 2015.
L’8 dicembre 2014, Mango, durante un concerto di beneficenza a Policoro, avverte un malore mentre esegue al pianoforte “Oro”. Interrompe la sua esibizione, chiedendo scusa al pubblico e dopo qualche breve istante, a causa di un attacco cardiaco fulminante, se ne va, con l’eleganza e la gentilezza che da sempre l’hanno contraddistinto.
La musica come processo di costruzione sociale
La musica contribuisce ai processi di costruzione sociale dell’esperienza quotidiana in cui il soggetto è costantemente immerso con il corpo, gli affetti e l’agire. Tale esperienza è mediata da una moltitudine di suoni naturali e riprodotti meccanicamente. La maggior parte delle nostre azioni quotidiane è, infatti, accompagnata da un sottofondo sonoro. Svegliarsi, camminare, guidare, lavorare e, talvolta, addormentarsi con la musica, o con altri accompagnamenti acustici, è per la maggior parte di noi un’esperienza familiare, una costante. Così come è ricorrente nel nostro contesto urbano e, talvolta, domestico, il rumore. Ci relazioniamo allo spazio e al tempo attraverso il nostro personale uso del suono, viviamo a ritmo di musica negli spazi domestici, passeggiamo in strada ascoltando le nostre canzoni preferite mediante le cuffie dei tradizionali walkman o lettori digitali portatili. Viviamo attraversamenti sonori costanti: «la polifonia dei suoni ci regola ed è regolata da noi in misura crescente, mentre ci muoviamo nella vita quotidiana» (Bull, Back, 2003, p. 13).
Il suono tra dimensione privata e dimensione pubblica
Il suono è dotato di significati e implicazioni che vanno al di là del contesto immediato e dei confini fisici e può creare una trama all’interno della quale ci si può muovere e vivere. L’esperienza, l’attività e il significato dell’ascolto sonoro nei diversi contesti crea ponti, intersezioni tra la dimensione privata e quella pubblica, ma anche connessioni attraverso il tempo e la memoria, svolgendo un ruolo di collegamento tra individui e tra gruppi di persone. Attraverso l’ascolto, si può acquisire un senso di comunità e, contemporaneamente, attingere ai ricordi, alla nostalgia, a emozioni che non hanno bisogno di essere razionalizzate e sono più di un singolo ricordo o di una singola connessione (Tacchi 2003).
L'immaginario sonoro
I suoni incorporano significati culturali e personali, mentre la memoria è, a sua volta, stimolata dal suono. Possiamo, dunque, parlare di un linguaggio dell’immaginario sonoro attraverso cui usiamo il suono per dare senso al mondo che ci circonda, ma allo stesso tempo impariamo culturalmente che cosa significa un determinato suono. Forrester (1998) afferma che un prodotto sonoro ha due dimensioni qualitative: una nutriente e l’altra dissonante. Tuttavia le due dimensioni non devono per forza escludersi a vicenda: ascoltare i suoni con i quali siamo stati nutriti, e che abbiamo impregnato di significati culturali, collocandoli in un contesto disordinato, significa dare loro una valenza dissonante. Gli individui si nutrono dell’immaginario sonoro attraverso cui danno senso e disegnano il proprio universo culturale che, allo stesso tempo, contribuisce ai processi di costruzione sociale delle identità collettive.
La musica come strumento di aggregazione
La musica ci mette in connessione gli uni con gli altri e come sostiene Schütz consente un «reciproco accordarsi in relazione». Le forme di identificazione in un «noi», il senso di «essere insieme» che, per Adorno, si riferiscono all’eclisse dell’esperienza diretta causata da forme tecnologicamente mediate dell’esperienza, ci permettono di essere soli e contemporaneamente «insieme» attraverso la ricezione sonora. Con la diffusione dei telefoni cellulari, i walkman, i lettori mp3, le radio analogiche e digitali, la Rete e le onnipresenti autoradio, la natura e il significato dell’essere sintonizzati/connessi richiedono un’analisi e una riflessione scientifica sempre più approfondita da condurre con un approccio multidisciplinare. I suoni, i ritmi e le modalità di comunicazione dell’universo digitale mettono sempre più in crisi i confini tra lo spazio privato e quello pubblico, tra la sfera domestica e la piazza, tra il microcosmo individuale e l’agorà globale.
Unit 2
La sociologia della musica
L’analisi del complesso rapporto tra i fenomeni musicali e la realtà sociale è oggetto della Sociologia della musica. Una disciplina relativamente giovane che nasce ufficialmente con Max Weber e il suo saggio I fondamenti razionali e sociologici della musica, pubblicato postumo per la prima volta nel 1921, e che non ha alle spalle una lunga e consolidata tradizione, anche se i contributi prodotti nell’ambito di quest’area di ricerca e di studio sono molteplici. Nata in ambito tedesco, la sociologia della musica si sviluppa successivamente negli Stati Uniti e di seguito in molti altri paesi. Tra tutte le arti, la musica – secondo Luigi Del Grosso Destreri (1968, p. 161) – potrebbe sembrare «la più refrattaria allo studio sociologico: i caratteri di ineffabilità e di trascendenza che le sono stati per lungo tempo attribuiti sembrano infatti sottrarla a questo tipo di approccio». Marco Santoro (2000, p. 163-164) sostiene che «per quanto eterea, astratta e “pura” (Bourdieu, 1979), e anzi forse proprio per questo, e quindi per la sua potenzialmente infinita capacità di assumere significati, la musica può essere o diventare un cruciale fenomeno sociale e culturale intorno al quale si legano […] tutti gli altri fenomeni così detti seri di cui si occupano i sociologi». La produzione, la distribuzione, il consumo, la ricezione, la classificazione, le strutture della musica e dei fenomeni che la caratterizzano, così come il suo uso strategico sul piano simbolico, culturale, comunicativo, economico e, sempre più spesso, politico, stanno progressivamente acquisendo un significativo interesse nel dibattito scientifico sociologico e non solo.
La musica e i sistemi socio-culturali
Tra musica e società sussiste un rapporto di interazione e, come sottolinea Max Weber, la ricerca sociologica sulla musica dovrebbe avere il compito di contribuire all’identificazione di quegli elementi specifici della produzione musicale che possono essere significativamente messi in relazione con la struttura sociale in cui vengono prodotti. In ogni caso, in sintesi, per le principali teorie della sociologia della musica esiste un rapporto dialettico di interdipendenza tra la musica e il resto del sistema socioculturale; il «testo» (musicale) non può essere considerato indipendentemente dal «contesto» (socioculturale) in cui viene prodotto; creazioni e idee musicali sono il risultato di un processo di «costruzione sociale» e vanno considerate non per il valore estetico o artistico che esse (eventualmente) possiedono «in sé», ma in quanto oggetti dotati di un valore socialmente riconosciuto in un dato contesto socioculturale; un fenomeno musicale diviene oggetto di studio per la sociologia solo nel momento in cui comincia ad assumere una certa rilevanza sociale, quando cioè determina conseguenze significative anche in ambiti diversi da quello prettamente musicale.
Gli obiettivi della sociologia della musica
La sociologia della musica è interessata a studiare non il prodotto musicale in sé, ma gli individui e le loro interazioni nei processi di produzione e di fruizione musicale, di esecuzione e di consumo. Parafrasando Alan P. Merriam la sociologia della musica si occupa tanto di «music in culture» quanto di «music as culture» e studia la musica come «costruzione sociale». Tuttavia, di fronte alla molteplicità dei linguaggi musicali, l’espressione «la musica» appare impropria e, forse, andrebbe più correttamente coniugata al plurale: «le musiche». Del resto, come sottolinea l’etnomusicologo Curt Sachs, la musica non è una «lingua universale». Esistono cioè diversi linguaggi sonori o musicali che fanno riferimento a molteplici contesti storici e socio-culturali. Del Grosso Destreri sottolinea come la parola al singolare presupponga un criterio etnocentrico di valutazione. Il sociologo ricorda come le percussioni africane o i flauti tradizionali giapponesi o le sonorità del rock o dei rave abbiano in comune con una sinfonia di Beethoven, un notturno di Chopin o una cantata religiosa di Bach solo il fatto di essere «suoni organizzati».
La contaminazione tra i diversi linguaggi sonori
Le scienze sociali hanno incominciato a occuparsi di «musiche» molto tardi, mentre l’avvento dei mass media e lo sviluppo dei mezzi di trasporto hanno favorito un’accelerazione dei processi di contaminazione tra i diversi linguaggi sonori. A cavallo tra Ottocento e Novecento, continua Del Grosso Destreri, «la musica colta sperimentò nuove strade: [...] la struttura armonica tradizionale venne messa in crisi anche prima della modulazione infinita wagneriana, Debussy usò una scala a toni interi di origine asiatica, Strawinsky sperimentò percussività e poliritmia, [...] la musica dei neri americani, con le sue note blue e coi suoi ritmi stracciati (ragtimes), acquisì piena dignità culturale». Una miscela esplosiva che, com’è noto, ha prodotto inediti fenomeni musicali.
«La contaminazione nel fatto artistico è sicuramente una cosa fondamentale, io direi, perché è da lì che nasce il nuovo, solo ed esclusivamente dalla contaminazione. Se dovessimo fissarci solamente su un unico tipo di espressione, un unico modo espressivo, il nostro campo sarebbe molto ristretto, in effetti» (Mango).
Unit 3
La relazione tra musica e società
La relazione tra musica e società è stata oggetto di rilevanti riflessioni tra gli autori classici della sociologia, tuttavia, solo di recente le forme di produzione, distribuzione, riproduzione e fruizione musicali sono diventate oggetto di indagini più sofisticate. L’art world approach di Howard S. Becker in sociologia, la semiotica del discorso musicale in musicologia, lo studio del music making in etnografia e i contributi microsociologici di Tia DeNora, solo per citare alcuni esempi, hanno contribuito in modo significativo al dibattito scientifico sulla sociologia dell’arte e della musica. Come è stato sottolineato, i fattori sociali che intervengono in ogni forma di produzione culturale sono molteplici e investono diversi campi. I fenomeni musicali e artistici sono strettamente connessi alle diverse dinamiche e relazioni sociali che caratterizzano i contesti in cui essi si esprimono.
I mondi dell'arte
Howard S. Becker chiama le culture urbane «mondi dell’arte» (art worlds) o «mondi culturali», siano esse etichettate come cultura alta o popolare. Egli distingue diversi mondi artistici, che possono essere considerati come sistemi sottoculturali, aventi ciascuno una fisionomia propria. Su questa base, il sociologo opera una distinzione tra diversi tipi di artisti: i «ribelli», i «professionisti integrati», i «naif» e gli «artisti folk o popolari». Tale tipologia mostra come l’arte possa, al tempo stesso, avere un carattere integrato nel sociale, con i professionisti, oppure costituire un momento di critica e di contrapposizione all’ordine costituito introducendo una dimensione di innovazione, con i ribelli. I mondi dell’arte sono costituiti dall’insieme dei soggetti la cui attività è necessaria alla produzione di determinate opere che in quel mondo, e forse anche in altri, vengono definite “arte”.
La musica come processo collettivo
Becker sottolinea come la produzione di opere d’arte sia frutto di un processo cooperativo che implica l’utilizzo di quella risorsa relazionale che Bourdieu definisce «capitale sociale». Secondo Becker, infatti, gli artisti, i musicisti, non sono «geni» che lavorano in isolamento totale, ma dipendono da molti altri individui che li assistono nella produzione e distribuzione dei loro lavori presso il pubblico. Becker, quindi, considera l’arte e la musica come un processo collettivo nel quale, oltre alla personalità dell’artista, ha un ruolo determinante il «personale di supporto», ovvero i critici d’arte, i mecenati, i collezionisti e le istituzioni (scuole d’arte, accademie, gallerie d’arte, musei, pubblico, commercianti d’arte). L’insieme delle interazioni tra questi diversi attori sociali contribuisce a definire l’ambito artistico, differenziandolo da altre forme di produzione.
L'opera d'arte e la rete di relazioni sociali
La musica, intesa come processo collettivo, implica competenze di diversa natura e una rete di relazioni utili per la produzione, la promozione, la diffusione e il consumo dei prodotti artistici. Anche per Pierre Bourdieu, l’opera d’arte è il risultato di un processo nel quale gli elementi legati alla personalità individuale sono connessi alla rete di relazioni sociali e a un insieme di condizionamenti economici. Secondo il sociologo francese, l’opera d’arte non può essere considerata soltanto come il prodotto di un singolo artista o come il puro risultato di componenti sociali, ma deve essere intesa come l’insieme dei diversi fattori in cui, oltre al ruolo dell’artista, acquistano rilevanza il pubblico che usufruisce dell’opera d’arte e i diversi modelli culturali che definiscono il valore di quest’ultima.
Unit 4
Il concetto di creatività
Il concetto di creatività non è di facile definizione. Gli studi recenti sulla creatività sembrano svilupparsi soprattutto lungo due linee di ricerca: da un lato, vengono analizzate le modalità cognitive di funzionamento della mente e si tende a cogliere la creatività in termini di efficacia e di efficienza, ovvero come capacità di risolvere problemi; dall’altro, si sottolineano le condizioni sociali e relazionali che favoriscono la creatività. Tre sono i livelli principali di indagine che possono essere presi in considerazione a riguardo: «quello dei soggetti, definiti socialmente creativi; quello delle relazioni o dei contesti, entro cui le esperienze considerate creative avvengono; quello dei discorsi dei diversi attori coinvolti».
Le teorie sulla creatività
Secondo Alberto Melucci, le diverse definizioni di creatività si potrebbero situare sugli estremi di un asse metaforico: «Da una parte, tutte le visioni dell’atto creativo come espressione di un mondo interno ricco, animato, attraversato da pulsioni e passioni, guidato da fantasie e travagli. Genio e sregolatezza, l’artista come dannato, la visione romantica della creatività sono tutte rappresentazioni che si collocano su un polo di questo asse. Dall’altra parte, invece, si situa l’invenzione come soluzione di problemi, come normale attività quotidiana che tutti siamo in grado di svolgere […]». Mentre la tradizione tende a sottolineare la coincidenza tra genio e creatività, tra esperienza eccezionale e momento creativo, gli sviluppi recenti si orientano a considerare le dimensioni quotidiane – anche più minute dell’esperienza – e tendono a indicare come l’attività creativa sia parte dei nostri processi cognitivi ordinari e sia influenzata dal contesto relazionale e sociale.
La creatività e l'ordine sociale
Come sottolinea Franco Crespi, la creatività esprime una dimensione positiva propria dell’agire umano e, al tempo stesso, può essere percepita come un pericolo per l’ordine sociale: «Se si intende la creatività come la capacità di sostituire rappresentazioni sociali, valori, modelli di comportamento, stili di vita socialmente codificati nell’uso e nella tradizione con altre rappresentazioni, modelli normativi, stili di vita di tipo alternativo o, al limite, di provocare eventi tali da trasformare radicalmente il nostro modo di concepire la realtà, noi stessi o i nostri rapporti con gli altri, allora dobbiamo riconoscere che, accanto al favore per la creatività, sussistono anche reazioni ad essa contrarie. […] Ogni proposta creativa può rimettere in discussione identità individuali e sociali, può essere percepita come contraria a interessi consolidati, può aprire all’ignoto di orizzonti non precedentemente esplorati. La partita in gioco è qui tra un conformismo percepito come rassicurante e la manifestazione di nuove esigenze vitali sentite come imprescindibili, ma che, per affermarsi nel tempo, dovranno a loro volta tradursi in nuove forme di determinazione».
La creatività come processo trasformativo
I processi creativi non esprimono mai pura creatività, ma sono il risultato di una presa di distanza o, al limite, di una contestazione rispetto alle forme di determinazione e alle oggettivazioni prodotte dall’agire sociale precedente. Non è possibile creare qualcosa di nuovo senza partire da produzioni materiali o culturali già esistenti, in un processo trasformativo determinato da un rapporto dialettico o conflittuale tra innovazione e tradizione. La musica, così come ogni forma artistica e culturale, può esprimere una significativa carica creativa, ma anche una rilevante funzione di conservazione. In ogni modo, la creazione è la capacità di uscire da un ordine, affrontare il disordine e dar vita a un nuovo ordine. Di mezzo c’è la trasformazione, l’invenzione di una forma diversa, nell’arte, nella musica, nella scienza, nell’organizzazione e anche nella vita quotidiana.
«Spiegare come nasce una canzone è una cosa complicatissima. Innanzitutto c’è bisogno che dentro scatti qualcosa. Dentro deve scattare una molla, una molla che è straordinaria, straordinaria perché è come sentire nell’aria un qualcosa di strano, è come avere voglia di provare immediatamente un’emozione grandissima» (Mango improvvisa al piano).
Per visionare l'intervista completa con l'artista Mango si veda: https://www.youtube.com/watch?v=SiAQp41-jco
Ringraziamenti
Si ringraziano gli artisti protagonisti del ciclo di seminari per la loro disponibilità e per il loro significativo contributo culturale nel corso delle conversazioni che si sono tenute presso l’Università degli Studi di Napoli Federico II.
Grazie a Gaetano Manfredi, Guido Trombetti, Massimo Marrelli, Enrica Amaturo, Mauro Calise, Giuseppe Zollo, Giuseppe Cantillo, Mario Rusciano, Luciano Mayol, Alessandro Buttà, Camillo Montola, Maria Esposito, Paolo Perrotta, Annamaria Cincinnato, Laura Valente, Simona Guida, Eugenio D’Andrea, Marco Alemanno, Angelo Di Martino, Aldo Foglia, Franco De Lucia, Claudio Maioli, Marco Ligabue, Riccardo Vitanza, Dalia Gaberscik, Nicola Lino, Umberto Di Micco, Lele Nitti, Antonella Barbato.
Grazie a Giueseppe Gaeta, Adriana De Manes e ai giovani artisti Mauro Maurizio Palumbo e Mario Schiano dell’Accademia delle Belle Arti di Napoli.
Si ringraziano Luciano Stella per il cinema Modernissimo, l'ex Rettore e attuale Ministro Gaetano Manfredi per F2 Radio Lab e per il Complesso dei Santi Marcellino e Festo dell’Ateneo Federico II di Napoli, il Direttore Carmine Santaniello del Conservatorio di Musica San Pietro a Majella di Napoli, i responsabili della Metropolitana dell’Arte di Napoli e dello studio di registrazione Apogeo Records.
Un particolare ringraziamento va a Marta D’Emilio per la preziosa collaborazione e per il significativo supporto nella definizione delle lezioni del corso.
Risorse della lezione
- Il ruolo sociale della musica: conversazione con Mango
- Quiz: I linguaggi della creatività - lez. #1
- Il rapporto tra arte e società: conversazione con Lucio Dalla
- Quiz: I linguaggi della creatività - lez. #2
- Le contaminazioni musicali e culturali: conversazione con Alex Britti
- Quiz: I linguaggi della creatività - lez. #3
- Il rock, la pop music e l'industria culturale: conversazione con Edoardo Bennato
- Quiz: I linguaggi della creatività - lez. #4
- I giovani e la società dell'incertezza: conversazione con Luciano Ligabue
- Quiz: I linguaggi della creatività - lez. #5
- Il rap e le sottoculture giovanili: conversazione con Jovanotti
- Quiz: I linguaggi della creatività - lez. #6
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