In questa lezione
- Che cosa è l’analisi delle politiche pubbliche?
- Che cosa sono le politiche pubbliche?
- Quale tipo di fenomeni sono oggetto dell’analisi delle politiche pubbliche?
- Esercitazione: Il caso di Comacchio.
Unit 1: Che cosa è l’analisi delle politiche pubbliche?
Introduzione
Per intraprendere questo percorso all’interno dello studio delle politiche pubbliche è necessario per prima cosa mettere a fuoco l’oggetto di studio e il valore aggiunto che ne deriva. E’ un’operazione necessaria perché, a differenza di altri oggetti di studio della Scienza politica, lo studio delle politiche pubbliche richiede un’operazione preliminare di definizione dell’oggetto. Mentre lo studio di fenomeni quali ad esempio, i partiti, il parlamento, i sistemi elettorali o le forme di governo hanno tutti a che fare con un oggetto che è immediatamente identificabile anche da un punto di vista ingenuo, perché tangibile e facilmente isolabile da altri fenomeni (ciascuno di noi almeno una volta nella vita ha almeno visto una scheda elettorale o ha un’immagine nella propria mentre dell’emiciclo parlamentare), lo stesso non accade con le politiche pubbliche, poiché queste ultime sono un concetto dotato di una scala di astrazione maggiore che abbraccia contemporaneamente un ampio numero degli oggetti quali quelli sovraesposti e ne osserva le interazioni.
Una metafora ricorrente
Con una metafora ricorrente, lo studio delle politiche pubbliche non è dissimile dal lavoro dello psicanalista, il quale deve definire l’oggetto (la “mente”, ad esempio l’“inconscio”) che studia, poiché questo è osservabile solo indirettamente attraverso la verbalizzazione dell’esperienza del soggetto analizzato. La ‘mente’ è un costrutto, non un dato immediatamente tangibile, si tratta di una deduzione sulla base di un concetto definito in via astratta e poi osservato attraverso alcuni indicatori empirici. Analogamente, anche l’analista di politiche pubbliche al fine di comprendere e spiegare le dinamiche di una politica pubblica, è costretto a identificarla attraverso alcuni indicatori, i quali devono essere costruito sulla base di un concetto che li precede. Per fare ciò è indispensabile come prima cosa definire che cosa sia l’oggetto di studio e a cosa serve. Le prossime slides sono dedicate a questa funzione.
Lo scopo dello studio delle politiche pubbliche
Il baricentro da cui parte tutto il discorso sono le azioni concrete che, a partire da una richiesta iniziale, divengono scelte collettive che poi si traducono in risposte a presunti bisogni espressi mediante la rappresentanza. La ricerca sulle politiche pubbliche cerca di spiegare appunto come i decisori che operano nelle istituzioni o nel governo producono un’azione pubblica che è intenzionata – sulla carta – a generare un impatto fuori dal sistema politico e come essa riesca o meno a raggiungere questo scopo.
Nelle parole di Peter John, (2012:1): «Researchers in public policy aim to explain how public decision making works, why societies get the policies they do, and why policy outputs and outcomes differ from place to place across time».
Insomma, l’oggetto di studio è il flusso di azione (spesso si definisce lo studio delle politiche pubbliche come l’analisi della «politica in azione») attraverso il quale le istituzioni costruiscono risposte alla rappresentanza, non sempre riuscendoci, quindi cercando di comprenderne i fattori di successo e di insuccesso per isolarli quali variabili indipendenti. Molto tempo prima Harold Lasswell (1936) aveva espresso questo concetto in una formula rimasta celebre che sintetizza in modo esemplare il sovrastante ragionamento:
«who gets what, when and how», ovvero chi ottiene cosa, quando e come, che è l’aforisma dell’esercizio del potere per eccellenza, il potere di chi esercita una coercizione sulla collettività per governarla. Si tenga dunque sempre presente ciò che emerge da queste due frasi: 1. ogni politica pubblica ha un assunto causale sottostante (il governo vuole generare un effetto); 2. ogni politica pubblica è una dinamica di esercizio e di distribuzione del potere.
La politica che manca all’italiano, e le differenti accezioni del termine “politica”
Facciamo un passo indietro, l’oggetto di studio viene comunemente indicato col suo termine inglese: policy. E’ bene ricordare che nella scienza politica il vago termine italiano politica è sostituito dalle tre accezioni anglosassoni le quali indicano fenomeni correlati strettamente tra loro, ma indipendenti. E’ bene riflettere, come fa Regonini (2001) sul fatto che non esiste un termine unico in Italiano per indicare politica pubblica e come la lingua italiana, ricchissima di sfumature, non riesca a distinguere con parole diverse la competizione politica dall’azione di governo.
POLITY:
- la comunità politica con il suo ordinamento istituzionale
- Oggetto di studio: forme di stato e di governo, comunità politica
POLITICS:
- l’insieme delle tattiche connesse alla competizione per il potere
- Oggetto di studio: rappresentanza, leadership, coalizioni, partiti…
- I programmi di intervento pubblico
- Oggetto di studio: l’azione di governo, l’intervento pubblica
Il diagramma del sistema politico di Easton
Negli anni Cinquanta lo scienziato politico David Easton (1965) formulò una prima schematizzazione dei diversi significati di politica immaginando quest’ultima come un circuito sistemico. Come si vede, il policy making corrisponde al lato destro della figura tra le istituzioni e gli outputs in coincidenza con la freccia ‘decisioni’. Le politiche pubbliche sono intese come una conseguenza, ciò che deriva dalla rappresentanza (politics) e poi dall’azione di governo in senso discendente implicando successive retroazioni sulla fase ascendente in termini di allocazione di valori, competizione per il potere e rappresentanza.
"Aprire la scatola"... lo schema logico della politica pubblica
Guardando con attenzione allo schema precedente si vede che la politica pubblica è il flusso di azioni (intenzioni e risultati) che trasformano un problema (caratterizzato dalle dimensioni di input, domanda politica e sostegno) in soluzioni (outputs) attraverso una elaborazione politica composta di molte fasi, regole, strategie e risorse.
Le soluzioni sono immaginate essere la risposta alla domanda sociale, la rappresentanza, e generano a loro volta dei presunti impatti su di essa, soddisfacendola o meno, risolvendo o no, i problemi di partenza, e quindi ri-alimentandola. Lo schema rielaborato è la rappresentazione diagrammatica di base di ogni politica pubblica sulla quale svilupperemo ogni successivo ragionamento.
Capire le politiche pubbliche: l’origine della disciplina
Capire le politiche pubbliche significa acquisire controllo cognitivo sulle scelte e le dinamiche delle azioni di governo partendo dalla necessità di comprendere le ragioni profonde di un fatto che non è più storicamente auto evidente agli occhi di governanti e governati, come poteva essere agli esordi dello Stato di diritto.
Questa domanda origina negli anni ‘20 negli USA formulata da Harold Lasswell, ma prende corpo e si sviluppa in modo sistematico nel secondo dopoguerra coerentemente con l’accresciuta complessità oggettiva e conseguente impotenza cognitiva soggettiva. Come scrivono Howlett e Ramesh (2005, p.6): «Lo studio delle politiche pubbliche nasce da un sentimento di impotenza: non avere padronanza cognitiva, e quindi anche politica, sui processi di governo». Ne deriva una vocazione diagnostica sulle «attività di governo nella loro progettazione, decisione e realizzazione».
Che cosa significa? Significa che lo studio delle politiche pubbliche è la costruzione di un punto di vista (vedi lezione 2) estraneo al Sistema di governo il quale, proprio perché distaccato dall’azione e dai suoi protagonisti, è per questa ragione in grado di fornire loro un riscontro esparto sulle dinamiche, sui problemi connessi con queste e quali tipo di soluzioni intraprendere. Ciò significa restituire capacità di controllo cognitive che nè l’uomo della strada né il tecnico, cioè l’esperto specialista (di norme, di bilanci, di organizzazioni), può avere: lo studio delle politiche pubbliche si occupa della vision di insieme.
Per un approfondimento leggi il testo di Capano.
Il ruolo dell’incertezza
Lo sguardo esterno dell’analista è finalizzato a restituire capacità di controllo cognitive sugli aspetti sui quali il policy maker non riesce ad avere una contezza piena.
Si tratta di una sorta di straniamento cognitivo che è proprio di chi non partecipa al processo e, per questo, possiede molte più capacità di osservazione e di comprensione dei problemi di chi sta dentro.
Si può parlare di sindrome dello straniero (Lippi, 2007) parafrasando gli studi di un celebre sociologo del XIX secolo, Georg Simmel, il quale sosteneva come lo straniero nella società sia un privilegiato poiché riesce ad osservare molte più cose di chi vi appartiene: ebbene, lo sguardo dell’analista di politiche pubbliche è uno sguardo ‘straniero’ della dinamica che sta guardando e cercando di comprendere.
Il ruolo dell’incertezza
I protagonisti (amministratori, legislatori, giudici, dirigenti, funzionari etc.) possono avere una pienissima competenza su ciò che vogliono e ciò che stanno facendo senza però avere la capacità di controllo cognitivo sul processo nel suo complesso, a causa:
- Della complessità del processo stesso e delle possibili interazioni, vischiosità resistenze;
- Dell’insieme delle competenze tecniche le quali sono impossibili da sapere tutte approfonditamente allo stesso momento;
- Delle distanze geografiche che sono la piattaforma di governo di molte politiche (multilevel governance).
In parole più semplici, se non ci fossero gli elementi sopra esposti, quali stratificazioni di livelli di governo, sovrapproduzione di norme, problemi complessi da risolvere e via discorrendo. Ovvero, se il governo ai tempi nostri (dalla fine del XIX secolo in poi) non fosse quello che è, ossia complesso, lo studio delle politiche pubbliche non avrebbe senso, poiché si applica alla complessità prodotta dalla modernizzazione: questa complessità genera un ambiente in cui i policy makers operano e che è contraddistinto dall’incertezza, ed è di questa incertezza che si occupa lo studio delle politiche pubbliche: la trasformazione di input in output in un ambiente come quello sopra descritto.
Distinzione tra policy studies e policy analysis
Secondo una celebre definizione di Th. Dye:
«l’analisi delle politiche pubbliche cerca di capire cosa fa il governo, perché lo fa e con quali risultati (1976): ossia la spiegazione delle cause e delle conseguenze delle azioni di governo».
Questa distinzione conduce a due ambiti conoscitivi:
- da una parte, l’analisi delle politiche pubbliche (la scienza delle politiche come si chiamava inizialmente la disciplina), che è una scienza sociale;
- dall’altra, l’analisi per le politiche, che, invece, è diagnosi e raccomandazione per il miglioramento del policy making.
La prima è speculativa, la seconda è professionale. Parleremo nel primo caso (accademico), di policy studies - ai quali fanno riferimento le riviste scientifiche di politiche pubbliche, elencate in calce - e, invece, nel secondo solamente di policy analysis (Lasswell, 1951).
Dai uno sguardo alle più importanti riviste di politiche pubbliche:1. Policy Science, 2. Journal of Comparative Policy Analysis: Research and Practice, 3. European Policy Analysis, 4. International Journal of Public Policy, 5. Journal of Public Policy, 6. Policy and Society, 7. Rivista Italiana di Politiche Pubbliche, 8. Policy Studies.
E ai siti de: Istituto Nazionale per l'Analisi delle Politiche Pubbliche; Istituto per la Ricerca Sociale; International Public Policy Association; Political Science and Public Policy (standing group SISP).
A cavallo dei due ambiti conoscitivi
Queste lezioni sono sviluppate a cavallo dell’una e dell’altra parte: ci occuperemo principalmente di aspetti teorici e concettuali, o metodologici, quindi con una impostazione universitaria dei policy studies, ma finalizzata all’operatività propria della policy analysis. Poiché, come detto, lo studio delle politiche pubbliche non origina nelle aule accademiche ma sul campo, a fianco di policy makers disorientati e/o bisognosi di un sostegno cognitivo per fare chiarezza su come fissare obiettivi e mezzi della loro azione politica.
Un importante passo indietro ci riporta al «Principe» di Machiavelli, dove quest’ultimo dice esplicitamente che raggiungere il potere con mezzi leciti o illeciti (per lo più con questi ultimi) può essere difficile ma non problematico da un punto di vista della conoscenza.
Difficile, invece, è mantenere il potere e far sì che una volta conquistato, sudditi e cortigiani continuino ad obbedire, anche senza una ricompensa propria derivante dalla conquista del potere.
Se vuole governare, il Principe deve ‘studiare’ la situazione e scegliere come far realizzare ciò che vuole, altrimenti rimarrà al potere ‘senza fare nulla’, financo a perderlo per questo motivo.
Analisi di o analisi per?
All’interno del proprio manuale sulle politiche pubbliche (The Public Policy Process, 1997), Michael Hill distinse la competenza scientifica sulle politiche pubbliche in due tipi: of or for?
Ciò rappresenta la doppia anima dello studio delle politiche pubbliche: osservazione e analisi finalizzata alla conoscenza (scienza) o finalizzata alla prescrizione (consulenza). Si veda lo schema allegato.
Unit 2: Che cosa sono le politiche pubbliche?
Verso una definizione...
Il problema sottostante è che le politiche pubbliche non sono fenomeni auto evidenti: non sono tangibili e discrete, ma sono diffuse nell’ambiente e circondano la nostra esperienza in modo continuo. Per questa ragione è possibile comprenderle solo dandone una definizione che le circoscriva e le renda empiricamente osservabili proprio per sfuggire all’esperienza soggettiva di ciascuno di noi, che è parziale, e alla loro pervasiva presenza in quasi ogni dimensione della vita quotidiana, fatto che ci porterebbe a concludere che “tutto è politica pubblica”, e quindi a tornare al problema di partenza.
In letteratura vengono, quindi, impiegate alcune definizioni che sono necessarie per comprendere l’oggetto e stabilire i margini dell’osservazione empirica. Qui di seguito si riportano le quattro definizioni più comuni e anche maggiormente rilevanti per la comprensione del fenomeno: le definizioni di Dye (i); Jenkins (ii); Anderson (iii) e Dunn (iv). Esse sono ordinate secondo il grado di articolazione e di approfondimento. Sono tutte valide scientificamente, anche se colgono aspetti differenti: la (i) è essenziale, la (iv) è la più sviluppata e completa, quindi è anche quella comunemente più impiegata.
Non possiamo prescindere dalle definizioni: se è chiaro cosa sia un parlamento o un Sistema elettorale poiché la loro funzione e identità sono quasi autoevidenti attraverso l’esperienza sensibile, magari senza comprenderne fino in fondo il significato, lo stesso non si può dire delle politiche pubbliche, le quali sono in ultima istanza il processo di trasformazione di intenzioni politiche in risultati, ma che non possono essere viste, toccate con mano e immediatamente comprese nell’esperienza sensibile.
Definizione di politica pubblica di Dye
La definizione di Dye è “ingenua”, si concentra sul nucleo essenziale dell’oggetto di studio. Ha il pregio di introdurre un concetto “forte” del policy making: la non azione è un’azione di governo anch’essa.
Si pensi, ad esempio, ad un governo centrale che ha deciso di non contrastare l’inflazione data dal cambio di moneta a seguito dell’introduzione dell’Eurozona nel 2002. Il laissez faire è in effetti un modo di governare esso stesso, anche se non si traduce in interventi. In secondo luogo, la definizione di Dye nella sua essenzialità mette al centro l’azione principale del policy making, ossia le scelte, asserendo che “governare è decidere” e il non decidere è anch’essa una decisione se operata da un’Autorità pubblica nelle sue funzioni di governo.
(I) Una politica pubblica (policy) è «qualsiasi cosa un governo scelga di fare o di non fare» Th.Dye, (1966)
Definizione di politica pubblica di Jenkins
Infatti la definizione di Jenkins ribadisce che la decisione è il baricentro dello studio delle politiche pubbliche. Ha il pregio di ricordare che all’atto pratico il policy making è un sistema di decisioni interconnesse in una situazione di problem solving che si presuppone essere in definitiva il contesto nel quale agisce l’autorità pubblica che governa.
(II) Una politica pubblica (policy) è «un insieme di decisioni interrelate, prese da un attore politico o da un gruppo di attori, sulla selezione degli obiettivi e dei mezzi atti al loro raggiungimento all’interno di una situazione specifica in cui gli attori hanno, in linea di principio, il potere di prendere tali decisioni» Jenkins, W.I. (1978)
Definizione di politica pubblica di Anderson
La definizione di Anderson solleva, invece, un punto cruciale dello studio delle politiche pubbliche: la dimensione processuale e dinamica del policy making. Le politiche pubbliche non sono né cose né risorse o provvedimenti singoli, ma l’insieme delle azioni che costruiscono e usano risorse e provvedimenti al fine di risolvere un problema collettivo:
(III) Una politica pubblica (policy) è «un corso di azione che che un attore o un gruppo di attori segue al fine di gestire un problema o una questione di specifico interesse» Anderson, J.E., (1984)
Definizione di politica pubblica di Dunn
La più completa ed utilizzata definizione è, infine, quella di Dunn, che privilegia il sistema di azione del policy making con attenzione alle variabili determinanti ed alla definizione del problema di policy sul quale un’Autorità pubblica è chiamata a decidere.
(IV) Una politica pubblica (policy) è «l’insieme delle idee e delle azioni assunte da una pluralità di soggetti (gli attori) – pubblici e/o privati – correlate alla soluzione di un problema collettivo. Si tratta di un insieme di attività che hanno relazione con l’intenzione e la capacità di una comunità di soddisfare un bisogno, una domanda o un’opportunità per le quali è considerato rilevante, in un dato momento storico, l’intervento da parte delle istituzioni pubbliche» Dunn, W.E. (1996)
La scienza delle politiche pubbliche
Negli anni trenta (1931) H. Lasswell pose per primo l’attenzione sullo studio delle policies, seguendo un approccio basato su tre caratteristiche:
- multidisciplinarietà;
- orientamento alla soluzione di problemi (problem solving);
- vocazione prescrittiva.
Al di sotto dell’analisi delle politiche pubbliche vi è un’aspirazione pragmatica a sostenere l’autorità pubblica nel comprendere cosa stia accadendo e come farlo accadere in modo rispondente alla volontà politica democratica.
Il concetto di “politica pubblica” è un costrutto analitico (Heclo, 1973)
Le politiche pubbliche non sono immediatamente rintracciabili nella realtà, nella quale possiamo, invece, rintracciare istituzioni e livelli di governo, norme e arene legislative, attori politici, economici e della società civile, che vengono analizzati nel loro insieme. Lo studio delle politiche pubbliche non li prende in considerazione separatamente, ma nella loro reciproca interazione. Conseguentemente siamo costretti ad identificare e delimitare una politica pubblica per induzione attraverso degli indicatori (eventi, norme, risorse, azioni compiute etc.) che riferiscono ad esse. Una policy insomma non è direttamente tangibile. Non è osservando un servizio di trasporto urbano che immediatamente si ‘vede’ la politica dei trasporti, mentre osservando un urna elettorale e una scheda immediatamente si può comprendere il sistema e la formula elettorale che vi sovrastano. In altre parole, il concetto di politica pubblica è un «costrutto analitico» (Heclo, 1973): tutti i concetti trattati nelle lezioni successive sono conseguentemente essi stessi costrutti analitici.
Requisiti per identificare una policy
Dunque, la policy non è auto evidente, ma deve essere identificata dall’analista che la circoscrive. Una policy è quindi tale:
- perché è coinvolta in qualche misura e in qualche momento un’Autorità pubblica (assemblee rappresentative, esecutivi, magistrature, aziende pubbliche, enti territoriali etc.), anche se questa non è promotrice della policy. L’autorità è una condicio sine qua non, altrimenti si parla di una politica associativa o aziendale o altro, ma non di una politica pubblica;
- perché si svolge in senso diacronico, ed è, quindi, un processo ed anche un prodotto contemporaneamente (Wildawsky, 1987). Le politiche pubbliche sono flussi di azioni combinate con vincoli normativi, finanziari, geografici, etc.
Definizione di policy making: il dizionario
Riassumendo, il Dizionario di politiche pubbliche (Capano e Giuliani, 1996) offre una sintesi efficace per l’apprendimento. Dal linguaggio comune a quello scientifico: invece di azione di governo o del generico intervento pubblico (che può essere anche di natura giuridica privatistica) è invalso l’uso del concetto generale di policy making: “fare politiche pubbliche”. Il termine privilegia l’accezione dinamica e processuale al posto di quella formale e statica delle scienze giuridiche.
Policy making implica:
- «La “politica in azione”, a prescindere dal ruolo funzionale di istituzioni e organizzazioni (governo, parlamento,partiti, gruppi di interesse, burocrazie), e/o tipi di comportamenti e fenomeni propri della politics (comportamento elettorale, leadership, comunicazione, cultura politica)».
- «Ciò che i governi e le istituzioni che assumono decisioni fanno o non fanno, i connessi processi e le interazioni tra attori pubblici e privati, individuali e collettivi attraverso i quali vengono perseguite soluzioni per problemi aventi rilevanza collettiva e, quindi, allocati autoritariamente valori».
Studiare il policy making
Abbiamo così compreso cosa stiamo studiando: un’azione e non un oggetto, una serie di interazioni e non un’istituzione o una parte di essa (le norme, le risorse, etc.). Useremo da ora in poi sempre questo termine, policy making, per indicare un fenomeno ampio che comprende il concetto di politiche pubbliche ma anche il loro svolgersi allo stesso momento, cioè l’azione del governare.
Chi studia il policy making studia infatti il governo, non come istituzione, nelle sue proprietà formali, ma nel suo agire.
L’analisi delle politiche pubbliche è studio di un insieme di azioni: quelle del governare, con un’importante avvertenza.
- Non è infatti un caso se la disciplina non si chiami ‘Governo’ o ‘Governare’, poiché la produzione delle politiche pubbliche non è solo un fatto istituzionale, non riguarda solo le istituzioni ma anche attori estranei, quali gruppi di interesse, partiti, consulenti, cittadini etc. Non è, dunque, uno studio solo istituzionale.
- Secondariamente, non è detto che le politiche pubbliche siano solamente prodotte da un Governo, inteso come esecutivo: l’azione di governo viene infatti svolta, in parte anche dalle assemblee rappresentative, dal Presidente della Repubblica e altre istituzioni come - soprattutto - le magistrature, le cui sentenze possono alterare e modificare moltissimo un corso di azione (si pensi al Tar o alla Cassazione).
- Inoltre, anche altri attori non esplicitamente appartenenti all’esecutivo possono governare, come aziende pubbliche o private, che erogano servizi pubblici (es. Trasporti, Radiotelevisione).
Non c'è politica pubblica senza autorità pubblica
Ecco perché usiamo un termine generale come policy making, senza distinguere l’identità formale di chi produce le politiche pubbliche, poiché non è una variabile indipendente. Ciò che è veramente importante e fa la differenza è se esercita potere e se vi è un’autorità:
- Se vi è una autorità, quella politica, è allora pubblica e compete questo studio poiché la eleva al rango di problema collettivo. Ovunque l’autorità si trovi e qualsiasi sia il suo pur minimo contributo.
- Se non vi è nemmeno un’autorità che sancisce quel processo allora è una politica privata (es. un gruppo di auto mutuo aiuto).
Questa distinzione è esiziale: una politica pubblica si ha se e solo se nel suo farsi vi è almeno un intervento di un’autorità pubblica.
Prima di ascoltare il video che segue, leggi il testo di Toth sul caso di Comacchio. Tutti i testi per le esercitazioni sono in Risorse Esterne/External Resources in ogni lezione.
Unit 3: Esercitazione: Il caso di Comacchio
Per saperne di più
Anderson, J.E. (1984) Public Policy Making. An introduction, Boston, Houghton Mifflin.
Capano, G.; Giuliani, M. (1996) Dizionario di politiche publiche, Carocci, Roma
Dunn. W.E. (1996) «Public Policy Analysis. An introduction», Englewood Cliff, Prentice Hall.
Dye, Th. (1966) Policy analysis, Alabama, University press of Alabama.
Hill, M 1997 The public policy process
Howlett, M.; Ramesh, M. (2005) Come studiare le politiche pubbliche, Bologna, Il Mulino
Jenkins, W.I. (1978) Policy analysis. A political and organizational perspective, London, Martin Robertson.
John, P. 2012 Analysing Public Policy, London Routledge
Heclo, E 1974 Modern social Politics in Britain and Sweden, New Haven, Connecticut, Yale University Press
La Spina A. Espa V. Analisi e valutazione delle politiche pubbliche, Bologna, il Mulino
Per saperne di più
Lippi A 2007 La valutazione delle politiche pubbliche
Lasswell, H. D. 1936 Politics. Who gets what when and how, New York, McGraw Hill
Lasswell, H. D. 1951 The Policy Orientation, in Lerner, D. e Lasswell, H.D. (a cura di) The Policy Sciences: Recent Developments in Scope and Method, Satndofd, California University Press.
Lasswell, H. D. 1956 The Decision Process. Seven Categories of Functional analysis, College Park, University of Maryland Press.
Lasswell H. and Kaplan P. 1950 Power and Society, New Haven, Connecticut, Yale University Press.
La Spina, A.; Espa, V. (2011) Analisi e valutazione delle politiche pubbliche, Bologna. Il Mulino.
Lippi, A. (2007) La valutazione delle politiche pubbliche, Bologna, Il Mulino.
Lowi, Th. (1999) La scienza delle politiche, Bologna, Il Mulino.
Regonini, G. (2005) Capire le politiche publiche, Bologna, Il Mulino
Wildawsky, A. (1987) Speaking truth to power. The art and craft of policy analysis. Cap. 1.
Un ringraziamento agli studenti e stagisti del Centro Interuniversitario di Ricerche sul sud Europa, che hanno contribuito alla prima stesura del materiale didattico: Sandro Ancillotti, Elisa Picone e Andrea Lattanzi.
Risorse della lezione
- Che cos’è una politica pubblica? Definizioni e fondamenti
- Quiz: Lezione 1 - Che cosa è una politica pubblica? Definizioni e fondamenti
- La Teoria delle politiche pubbliche e il policy change
- Quiz: Lezione 2 - La Teoria delle politiche pubbliche e il policy change
- Tipologia delle politiche pubbliche
- Quiz: Lezione 3 - Tipologia delle politiche pubbliche
- La formulazione delle politiche pubbliche
- Quiz: Lezione 4 - La formulazione delle politiche pubbliche
- Government & Governance: le arene del governo
- Quiz: Lezione 5 - Government & Governance: le arene del governo
- Le variabili dell’analisi delle politiche pubbliche
- Quiz: Lezione 6 - Le variabili dell'analisi delle politiche pubbliche
- Il ciclo di policy
- Quiz: Lezione 7 - Il ciclo di policy
- Issue making
- Quiz: Lezione 8 - Issue making
- Il decision making
- Quiz: Lezione 9 - Il decision making
- L'implementazione
- Quiz: Lezione 10 - L'implementazione
- Le metodologie della ricerca
- Quiz: Lezione 11 - Le metodologie della ricerca
- La valutazione
- Quiz: Lezione 12 - La valutazione
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