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L’italiano ha una storia linguistica particolare: dal Trecento fino all’Ottocento, è stato patrimonio di una comunità culturale prima ancora che il Paese raggiungesse un’unità politico-nazionale, utilizzato per lo più da artisti e intellettuali.

Codificato assai precocemente rispetto ad altre lingue di cultura europee, già a partire dal Cinquecento l’italiano disponeva di grammatiche e dizionari che ne definivano le regole, eppure nei secoli a venire si è tramandato quasi esclusivamente su carta. Queste condizioni generarono una situazione di diglossia, che vedeva la lingua scritta comune affiancata dai vari dialetti negli usi orali e quotidiani.

Finalmente, nel 1861 con l’Unità d’Italia la nazionalità dell’italiano venne definita su base politico-territoriale, e a poco a poco divenne lingua parlata anche nel quotidiano, grazie soprattutto alle riflessioni e alle pratiche linguistiche di Alessandro Manzoni, che vedeva nella lingua uno strumento non soltanto erudito, ma sociale e civile. Romanziere in cerca di una lingua che riproducesse la realtà senza risultare affettata o meccanica, Manzoni riconobbe nel fiorentino la lingua «viva e vera» di cui aveva bisogno, adattandola all’uso letterario senza cancellarne l’autenticità.

Ancora oggi, pur avendo un italiano unificato nello scritto – grazie alla norma studiata a scuola – nel parlato la lingua è tuttora influenzata dai dialetti, formando il cosiddetto italiano regionale, figlio dell’italiano standard che si ispira al gergo per la pronuncia, il lessico, l’intonazione e la costruzione della frase.

Esistono tantissimi italiani regionali, appresi nel contesto familiare e sociale, senza il supporto didattico di grammatiche scolastiche o dizionari. Le varianti regionali, però, non vanno confuse con le varianti popolari, che sono veri e propri errori, frutto di una scarsa alfabetizzazione. Infatti, gli italiani regionali sono usati con consapevolezza dai parlanti in situazioni colloquiali o familiari che non richiedono particolare formalità.

L’italiano neo-standard

A causa dell’uso quotidiano dell’italiano regionale, la norma insegnata a scuola viene percepita come diversa dalla lingua di tutti i giorni. Negli ultimi decenni, linguisti e intellettuali hanno messo in atto una ri-standardizzazione dell’italiano per aggiornare le regole più vecchie che non sono applicabili ai contesti di oggi.

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