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Con gli uomini chiusi in casa a causa del Covid-19, gli altri abitanti della terra hanno fatto capolino negli spazi disabitati. Cinghiali, orsi, cervi e tante altre specie selvatiche sono scese per le strade libere dal caos cittadino di macchine e pedoni. Nelle acque, tornate più limpide in mancanza degli scarichi industriali, si sono rivisti “zampillare” delfini. D’altro canto sembra che la diffusione del Covid-19 sia dipeso da un “salto di specie”, si ipotizza da pipistrelli o il visone, come riporta un recente articolo del National Geographic.

La questione di una convivenza più sostenibile tra umani e le altre specie, animali e vegetali, è oggi ancora di più divenuta impellente. Se l’ondata dei Friday for Future ha avuto il merito di aver tenuto accesi i riflettori sulle risposte politiche ai danni del cambiamento climatico, il lockdown ha segnato un momento di presa di consapevolezza ancora più radicata nella società. Ne parliamo con Domenico Fulgione, docente di zoologia ed evoluzione presso il corso di laurea in Scienze Naturali dell’Università Federico II di Napoli.

Prof. Fulgione quanto è importante la tutela della biodiversità animale per lo stato di salute degli umani e del pianeta?
Spesso si parla della biodiversità e della nostra specie come due elementi della vita sulla terra distinti, ma dipendenti reciprocamente. Non è così, noi siamo la biodiversità. Noi siamo il core di una rete di collegamenti tra forme di vita coadattate.

La lista rossa dell’IUCN Unione internazionale per la conservazione della natura dice che 31.000 specie, il 27% di quelle conosciute, sono a rischio estinzione. Come garantire il giusto habitat per la loro sopravvivenza?
Se ci sono le specie c’è anche il loro habitat. Nessuna specie nasce a caso. Dobbiamo essere bravi a descrivere adeguatamente e con completezza tali specie, e poi saremmo in grado di tutelarle. La conoscenza, lo studio degli habitat è un passo fondamentale e preliminare a qualsiasi azione di conservazione. Il Mar Mediterraneo ospita circa 17.000 specie, significa che ci sono altrettanti habitat, connessi in una complicata rete funzionale e spaziale che è necessario decodificare per poterla gestire.

Nei suoi corsi, disponibili online su Federica e Federica GO Zoologia e Biodiversità: gestione e valorizzazione della biodiversità animale, è possibile approfondire l’evoluzione e le caratteristiche dei diversi raggruppamenti zoologici (Phyla, Famiglie, Ordini e così via). Quanto è importante l’educazione alla biodiversità per sviluppare una convivenza più etica tra uomo-animali-ambiente?
Noi abbiamo trascurato la capacità di metterci in relazione alle altre forme di vita. Il recente e vertiginoso sviluppo tecnologico, ci ha isolato dalle meraviglie intorno a noi. Abbiamo curato la maniera più sofisticata di connetterci e di condividere le emozioni, ma tralasciando l’approvvigionamento di queste. Un animale, una pianta, un paesaggio possono rappresentare il carburante emozionale e culturale da veicolare. Adesso più che mai è necessario alienare la tecnologia a questo processo, ed è quello che progetti come Federica hanno intuito: l’educazione a guardarsi intorno, ad accrescere la conoscenza attraverso la tecnologia.
Si parla tanto di didattica innovativa, quando innovatività è nel mezzo.
Federica, come io la intendo, è didattica innovativa nell’approccio perché dinamico. Le modalità della didattica sono determinate dai nostri schemi comunicativi, dalla struttura sociale della nostra specie, dal livello di alfabetizzazione della platea. Tutte variabili dinamiche che evolvono e impongono uno sforzo innovativo. La tecnologia è solo il mezzo, plastico, adattabile, potente e capace di raggiungere il fruitore con il minimo sforzo.
Solo così, contenuti come quelli zoologici gemmano in conoscenza, senso civico ed educazione alla giusta collocazione della nostra specie nel cuore della biodiversità.

Quali sono i vantaggi, anche economici, di una politica di gestione, conservazione e valorizzazione ambientale? Possiamo distinguere due voci di bilancio della natura: i costi del ripristino, quando i nostri disastri raggiungono limiti preoccupanti e rischiamo vittime, e i ricavi derivanti da una corretta godibilità e sfruttamento dei sistemi naturali. Entrambi muovono risorse per miliardi di euro, e guarda caso, sono collegati. Il mio lavoro consiste nell’individuare una corretta gestione per la fruibilità dei sistemi naturali. Quando definita, essa rappresenterebbe la stessa ricetta per evitare costosi danni ambientali (invasione di specie aliene, esplosioni demografiche di cinghiali, frane per disboscamenti, alluvioni per distruzione di argini fluviali).

Un’ultima curiosità, qual è stata la sua reazione di zoologo alle “libere evasioni” di alcune specie durante il lockdown? Io sono felice quando la natura, molto spesso, ci urla che possiamo farcela a recuperare questo pianeta. Ma so anche che due mesi di quiete non rimuovono i 12 milioni di tonnellate di plastica che entrano negli oceani ogni anno, non invertono il surriscaldamento, l’acidificazione delle acque e la de-ossigenazione. Siamo oltre sette miliardi, quando io sono nato ne eravamo poco più di tre. La nostra popolazione raddoppia nell’arco della vita di un individuo! È necessario disseminare la consapevolezza che è possibile/necessario trovare il modo di farci bastare lo spazio limitato del pianeta Terra.

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